PROGETTO DI SISTEMAZIONE E SALVAGUARDIA DELL’AREA ARCHEOLOGICA DI PIONTA “DUOMO VECCHIO” DELLA CITTA’ DI AREZZO PROPOSTO DALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE DI ACADEMO DENOMINTA “ROBERTA PELLEGRINI” CON SEDE LEGALE IN AREZZO CORSO ITALIA N. 108 PRESSO CIRCOLO ARTISTICO REG. il 30/10/2013

Il colle del Pionta , ove sorge la cittadella universitaria di Arezzo, si estende a ponente del centro urbano, oltre la cinta muraria, in prossimità della Ferrovia e vi ebbe sede fino al 1203 l’episcopio con il Duomo Vecchio, allorché la Cattedrale fu trasferita intra moenia con Bolla di Papa Innocenzo III. Sappiamo che l’antica sede vescovile era composta da due chiese Cattedrali, la prima conosciuta col titolo di S. Maria e S. Stefano, e l’altra col titolo di tempio di S. Donato. Il sito, già parzialmente dismesso dopo il XIII secolo, fu definitivamente abbandonato nel 1561 quando il Granduca Cosimo I ne ordinò la distruzione.

Sino ad allora il colle del Pionta è attestato come castrum vescovile con all’interno uno vero e proprio organismo insediativo, parallelo al centro urbano di Arezzo. Qui si svilupparono edifici legati al culto come le due chiese menzionate, la Canonica, le abitazioni del clero e le varie scuole (copistica, calligrafia, archivistica e canto), alcuni complessi residenziali, diverse botteghe ed officine ecc. L’insediamento del Pionta presenta tutti gli aspetti attinenti allo status di un centro urbano: quello di uno spazio civile, che accomuna ambiti umani e naturali, istituzionali e materiali, religiosi e laici variegati; quello di laboratorio di esperienze differenti, miranti alla creazione di un unicum culturale e sociale solido e coeso pur nelle sue innumerevoli eredità.

A seguito della distruzione del 1561, il vescovo Usimbardi fece costruire nel 1610, a memoria dell’antico Duomo, una piccola chiesa dove si conservano i reperti archeologici ritrovati durante le varie campagne di scavo.

Gli scavi archeologici, che hanno interessato l’area già a partire dagli inizi del ‘900 ripresi nel ’60 e poi nel ’70, proseguiti fino al 2006, hanno messo in luce i resti della cattedrale di S. Maria e S. Stefano datata tra la fine del VII e la prima metà del secolo VIII. Questa presenta un impianto longitudinale orientato, a tre navate con tre absidi curvilinee, e cripta a navatelle sottostante l’altare. Dagli scavi è emerso che la Cattedrale fu costruita su un sepolcreto cristiano (V-VII secolo) e su un’ edificio romano, interrato già prima del IV- V secolo. Invece non si sono rinvenuti avanzi del tempio di S. Donato, che doveva conservare le reliquie del patrono della città; ma si hanno numerose raffigurazioni di questa celebre chiesa. Costruita nell’XI sec. dall’ architetto Maginardo su modello del S. Vitale di Ravenna, doveva presentarsi come un edificio ottagono a pianta centrale.

Purtroppo l’assenza di un progetto di indagine estensiva e continuativa, nonché di valorizzazione di questo patrimonio, non permette di apprezzare un sito unico nel suo genere, ovvero una vera e propria città vescovile che si conserva intatta nel sottosuolo della città di Arezzo.

In Italia, infatti, il colle del Pionta rappresenta un unicum. Le indagini archeologiche sino ad ora condotte hanno restituito solamente una minima parte dell’intero complesso monumentale, mentre è totalmente assente lo studio della cultura materiale, attraverso cui esplorare gli aspetti socio-economici della “cittadella vescovile” di Arezzo nel Medioevo. Le indagini archeologice condotte in passato hanno portato alla luce il complesso monumentale della chiesa di S. Maria e S. Stefano; al tempo stesso sono state riconosciute le varie fasi di trasformazione dell’edificio cultuale, lungo il versante nord il proseguo dell’area sepolcrale e parte di una cinta, infine nella zona sud del colle parti di edifici abitativi e artigianali. La necessità di riprendere un’indagine conoscitiva nasce dal fatto che il Pionta costituisce un patrimonio storico, archeologico e ambientale che, per la sua naturale collocazione urbana, si presta perfettamente alla realizzazione di un progetto di parco archeologico.

Al momento l’area su cui sorge è destinata a verde pubblico, ma versa in un impressionante stato d’incuria, nonostante sia da anni al centro dell’interesse delle varie amministrazioni locali che si sono succedute. La totale mancanza di una manutenzione periodica, con la conseguente crescita di piante infestanti che contribuiscono al generale degrado dell’area e delle strutture archeologiche ivi conservate; i saggi di scavo, abbandonati da sei anni, e le zone annesse ad essi, adibite a scarico di terreno, sono sprovvisti di una recinzione adeguata, senza tralasciare uno spregiudicato vandalismo che danneggia un patrimonio culturale cittadino inestimabile. Il colle del Pionta è da considerarsi uno scavo urbano ma la sua particolare ubicazione consente di effettuare scavi sistematici estensivi, anche prolungati nel tempo, per mezzo dei quali capire il contesto ma soprattutto valorizzarlo e quindi renderlo fruibile al pubblico. Essendo un’area di scarsa urbanizzazione, per anni rilegata a terreno ortivo annesso all’ospedale psichiatrico ed in seguito destinata ad area di verde pubblico attrezzato, ma con scarsi risultati, rappresenta il terreno ideale per ripartire con un progetto di rivalorizzazione e riconversione socio-culturale di un area urbana.

La ricerca condotta nel 2006 a cura delle prof.sse A. Molinari (Università di Siena – sede di Arezzo) ed E. De Minicis (Università della Tuscia), con la collaborazione scientifica per le fasi antiche della prof.ssa R. Corchia, per conto del Dipartimento di Teoria e Documentazione delle Tradizioni Culturali di Arezzo, Università degli Studi di Siena sede di Arezzo comprendeva degli scavi veri e propri preceduti ed accompagnati da una serie di indagini conoscitive e diagnostiche, utilizzando magnetometria, resistività e georadar. Il fine delle attività diagnostiche era la valutazione del potenziale archeologico e dell’estensione del sito, dei livelli di conservazione e dell’andamento altimetrico delle stratificazioni. Sulla base delle indicazioni fornite da queste ricerche preliminari si è previsto di aprire un numero crescente di aree di scavo.

 L’area 1000, è l’area dove sono collocate le strutture e le tombe emerse nelle indagini archeologiche non sistematiche degli anni ’60 (Salmi) e ’70 (Melucco Vaccaro). Il risultato di questo lavoro è una lettura per molti versi nuova rispetto a quanto edito dalla Melucco Vaccaro nel 1991, con l’individuazione di almeno cinque fasi di utilizzo appartenenti a diversi periodi storici. L’area 2000 è stata scavata al fine di indagare una zona che doveva collocarsi non molto distante dalla facciata della cattedrale altomedievale. Qui tuttavia l’unica attività antropica di rilievo è risultata essere una cava di arenaria, attivata e presto richiusa probabilmente nei secoli centrali del medioevo.

L’area 3000 (m 12 x 14) è stata aperta a sud dei vecchi scavi Salmi-Melucco, oltre lo stradello che conduce alla via del Duomo vecchio. Le sezioni di terreno dei limiti meridionali dell’area 1000, una volta ripulite, suggerivano infatti una grande complessità di strati e strutture, che dovevano senz’altro proseguire verso sud. Inoltre, l’articolo del De Angelis D’Ossat del 1978 poneva in questa zona alcune strutture, attribuite dallo studioso alle mura difensive della cittadella. L’area 4000 si trova ad ovest del seicentesco Oratorio di S. Stefano. Qui la magnetometria segnalava la presenza di una imponente struttura con andamento parzialmente curvilineo. Inoltre, le indagini svolte dall’equipe guidata da M. Armandi, all’interno della Cripta del suddetto oratorio, avvertivano delle potenzialità informative che poteva avere quest’area. Infine, da questa zona provenivano alcuni frammenti di arredi liturgici medievali, rinvenuti reimpiegati in un vicino muretto. L’area 5000 è stata aperta nella zona più settentrionale della collina, dove si trova un esteso prato, al limite del quale è situato un pozzo. Per questo saggio di scavo sono state fondamentali le indicazioni fornite dalla magnetometria e dalla resistività, che segnalavano la presenza di strutture sepolte a poca profondità dal piano di campagna.

Fondandosi sul confronto fra i resti materiali e i dati storici disponibili si è cercato peraltro di avanzare, restituendole in elaborati grafici 3D, alcune ipotesi ricostruttive circa la consistenza e la conformazione spaziale degli edifici chiesastici, con particolare riguardo al complesso di S. Maria e S. Stefano.
Tali studi saranno assunti come punto di partenza per un ulteriore sviluppo delle ricerche, mettendo a frutto le nuove opportunità di elaborazione e verifica offerte dalla geomatica, nella prospettiva di favorire l’avanzamento delle conoscenze e più adeguate strategie di tutela e valorizzazione del sito.
Considerata quindi la documentata importanza storica e culturale del sito del Pionta nei secoli XI-XII in tutto l’occidente cristiano, nonché, dell’ attuale immeritato degrado in cui esso si trova, con assoluto isolamento culturale, la mia Associazione intende farsi carico di un intervento mirato da un lato alla raccolta, alla conoscenza e divulgazione delle ricerche svolte fino ad ora per avviare una campagna di sensibilizzazione, sia dei cittadini di Arezzo che di studiosi interessati ad un approfondimento scientifico, dall’altro ad un progetto di sistemazione e salvaguardia del sito archeologico “Duomo Vecchio” quale fase preliminare ad ulteriori eventuali nuove campagne di scavo.
Le attuali tecnologie di indagine, di rilevamento tridimensionale e di visualizzazione offrono senza dubbio nuove opportunità di comunicazione e divulgazione del patrimonio. Mentre qualora le indagini preliminari, supportate da studi storici e archeologici dovessero evidenziare la necessità di proseguire con le operazioni di scavo, la stessa Associazione si propone, affiancata da esperti del settore concordati con la Soprintendenza, di espletare tale attività.

L’area da indagare, di proprietà del Comune di Arezzo, è l’intero colle di Pionta. Il progetto prevede una articolazione in diversi step e sarà realizzato con la collaborazione scientifica del Prof. Giorgio Verdiani Responsabile del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze insieme alla propria equipe.

  1. Obiettivo della prima fase è quello di rendere accessibile e comunicare al grande pubblico il patrimonio culturale costituito dal colle del Pionta attraverso applicazioni tecnologiche caratterizzate sia da un elevato impatto comunicativo e di apprendimento che da una elevata qualità scientifica e di contenuti culturali. Il pubblico moderno oramai cerca le informazioni in rete (prima della visita), in loco e sempre più frequentemente condivide successivamente l’esperienza vissuta con gli attuali sistemi (social). Predisporre le informazioni attrattive porta il visitatore ad approfondire i contenuti e a fare condivisione sociale divenendo un efficace strumento di trasmissione culturale.
  2. Una diretta ricaduta di questo obiettivo sul sito potrebbe riguardare la progettazione e predisposizione di pannelli esplicativi; attualmente la carenza di informazioni presenti sull’area ne fanno un’area completamente sottratta alla memoria storica della città.
  3. Per preparare una adeguata base informativa dell’intera area si propone una campagna di rilievi con i più moderni sistemi oggi a disposizione: campagna fotogrammetrica con volo a bassa quota consentito dagli UAV (droni dotati di camere fotografiche) e integrazione con laser scanner 3D terrestre. I risultati, ortofoto a grande scala e DTM, potrebbero costituire la base non solo per posizionare e collegare tutte le informazioni oggi disponibili ma anche per nuove attività di fotointerpretazione e lettura dell’intero colle. In questo modo sarebbe possibile anche pianificare il processo di registrazione, analisi e archiviazione dei dati per creare dei sistemi di dati facilmente interrogabili, la creazione di tavole critiche sul degrado e la realizzazione di un museo virtuale del sito consultabile on line.
  4. Qualora si ritenesse necessario, la fase successiva potrebbe interessare, in accordo con gli studiosi dell’area e con la Soprintendenza, prospezioni georadar per individuare eventuali aree di approfondimento delle indagini.
  5. I risultati delle indagini di cui ai punti precedenti, con la determinazione dello stato di fatto dettagliato e delle mappe del degrado costituirebbero così la fase preliminare ad eventuali interventi da concordare con la soprintendenza nel rispetto delle leggi che regolano la tutela del patrimonio d’interesse artistico o storico.

Le altre nomine di consulenti scientifici che certamente saranno necessari all’eventuale attuazione del progetto saranno preventivamente sottoposte al parere della Soprintendenza.

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